Alcune idee su stupidità e pubblicità


Alcune idee su stupidità e pubblicità

Non è raro, se si dà un’occhiata alla televisione, imbattersi in una frase, un gesto, un comportamento che colpisce l’attenzione, inaspettato e diretto, lasciandoci perplessi, a volte divertiti, ma di frequente anche irritati.
Mi riferisco a quelle frasi, quei gesti e quei comportamenti che comunemente si definiscono come più o meno “stupidi”.cane pazzo che ascolta la musica
Viene da chiedersi, dunque, quali siano le peculiarità che rendono qualcosa “stupido”; cosa sia, insomma, che ce lo rende così poco digesto, e che può provocare in noi sorpresa, ma anche reazioni contrastanti quali l’ilarità o l’ira.
A mio avviso, ciò che in generale costituisce l’essenza dell’atto stupido è il suo denotare un’assoluta non-comprensione del contesto in cui lo stesso viene compiuto, il suo essere completamente fuori luogo, il suo violare il normale ordine ben definito di cause, effetti e finalità delle cose. Esso si presenta come sconnesso, gratuito, spesso imprevisto, decisamente inopportuno. Da queste sue peculiarità deriva il profondo fastidio che può subentrare all’iniziale sorpresa che si sperimenta alla vista di qualcosa di stupido: esso può essere percepito come così insensato da risultare offensivo.
Per verificare in termini concreti come questo accada, analizziamo un caso particolare, ben noto a tutti. Consideriamo una di quelle agghiaccianti pubblicità televisive che reclamizzano le suonerie dei cellulari, quelle infestate da grotteschi animali antropomorfi che mugolano sorte di melense nenie partenopee o motti triviali degni della più celebrata tradizione delle “osterie”: uno su tutti, quell’indimenticabile “bella topolona”, che inquinava i tubi catodici (o i cristalli liquidi) fino a qualche mese fa.
Ora, l’inutilità, il cattivo gusto e la banalità di queste réclame possono alla lunga annoiare, o lasciare perplessi, o perfino far sorridere i più bonari (senza considerare l’insieme di raffinati individui che costituisce l’inverosimile bacino di mercato delle suddette suonerie); ma difficilmente sono percepiti come tanto insensati da risultare indigesti.
Ma quando il topo, il cane o il ramarro di turno sostituiscono allo stornello burino o alla musica di folklore, dotati di un loro, per quanto discutibilissimo, umorismo, o di una loro originalità od unicità, che li possono rendere (almeno in minima parte) desiderabili, una banalissima canzone pop alla moda, di quelle che assediano i nostri padiglioni auricolari ovunque e ad ogni ora, la situazione perde anche quel poco di senso che aveva.
Perché mai un individuo sano di mente dovrebbe essere incentivato all’acquisto di una determinata suoneria, ottenibile in numerosi altri modi a minor prezzo e persino gratuitamente, dal vederla cantata in televisione per una manciata di secondi da un setter con la fisarmonica, da un topo ballerino o da un istrice ammiccante?
Qual è la correlazione fra l’oggetto che il messaggio pubblicitario cerca di vendere e la forma del messaggio? Qual è l’esatta funzione del molesto animaletto? Che tipo di attrattiva dovrebbe mai esercitare? In sostanza: che senso ha questo spot?
Una simile assurdità, una così compiaciuta ed arrogante offesa all’intelligenza del pubblico, trattato alla stregua di un ovino stuolo di mentecatti, inebetiti senza sforzo da lucine e criceti sorridenti, non può che suscitare una inerme indignazione, una chiara percezione del torto subito accompagnata da un’altrettanto chiara consapevolezza dell’impossibilità di prendersela con qualcosa o qualcuno, di andare dritto dall’autore del simpatico sketch, topo ballerinoguardarlo negli occhi e chiedergli “perché, perché ci fai questo?”.
La pubblicità delle suonerie rientra quindi agevolmente nella definizione di “stupido” data poco sopra: è priva di senso, fuori luogo, fastidiosa, decisamente di troppo.
Lo stesso discorso può essere applicato in molti altri casi all’interno del mondo televisivo, ormai regno incontrastato della stupidità, e specialmente negli spazi pubblicitari, suoi quartieri generali.
Pensiamo, tanto per fare un esempio, alla solita donna nuda usata per vendere qualsiasi cosa, dalla vernice all’automobile alle gomme da masticare, presenza inspiegabile su un mero e ideale piano logico, ma palesemente motivata dal tentativo del pubblicitario di appellarsi a subumane associazioni inconsce, di un’ovvietà straripante ed offensiva (e, volendo, dubbiamente morali).
Tanto è priva di senso l’associazione donna nuda/gomma da masticare, tanta è la scontatezza dell’ammiccamento a sfondo sessuale del tutto fuori contesto, che anche questo tipo di spot risulta inevitabilmente irritante ad un individuo pensante.
Non è quindi difficile vedere come anche lo “spot della donna nuda” si collochi perfettamente nella definizione di “stupido” che abbiamo dato.
Eppure, nonostante la sua clamorosa stupidità, il meccanismo della pubblicità funziona perfettamente, e questo ci dice davvero tante cose.

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